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  • Immagine del redattoreZarish Neno

La bellezza della vocazione sacerdotale

Durante questi giorni mentre vediamo tanta confusione e divisione tra i cattolici sul celibato ecclesiatico, un giovane prete cattolico ha condiviso la sua testimonianza sulla sua pagina Facebook che vorrei condividere anche qui sul blog. Nelle sue parole semplici ma belle condivide la sua felicità nel scegliere questa vocazione.


Scrive Don Carlo:


«sin da principio, nella Chiesa il matrimonio era considerato un dono dato nel paradiso da Dio. Ma esso assorbiva l’uomo nella sua interezza e il servizio per il Signore richiedeva parimenti l’uomo interamente, cosicché ambedue le vocazioni non sembrarono realizzabili insieme» [Benedetto XVI]


«Come può, dunque, un sacerdote custodire, conservare e rivendicare un diritto al vinolo matrimoniale? Come può rifiutare di farsi servo insieme a Gesù-Sacerdote? Questa totale consegna di sé in Cristo è la condizione di un dono totale di sé a tutti gli uomini. Chi non si consegna totalmente a Dio non si dona perfettamente ai propri fratelli. […] Il celibato è per il sacerdote lo strumento mediante il quale entrare in un’autentica vocazione di sposo. […] C’è una vera analogia tra il sacramento del matrimonio e il sacramento dell’Ordine, culminanti entrambi in un dono totale. Ecco perché questi due sacramenti si escludono reciprocamente» [card. Robert Sarah]


Non mi interessa la polemica, ma la gratitudine. La vocazione sacerdotale ha abbracciato la mia vita nella forma del celibato: non sono diventato prete nella speranza che un giorno mi fosse permesso di sposarmi, ma ben conscio della forma che questa vocazione pretendeva dalla mia vita.


E sono talmente felice di quel che vivo da non tifare a prescindere per un cambiamento, come se il meglio da augurare a chi venisse dopo di me fosse qualcosa di diverso da ciò che è toccato in eredità a me.


Sono felice della mia vocazione, per me storicamente inesistente se non nella dimensione della scelta celibataria. E auguro a tutti questa felicità, che non è la felicità di poter avere tutto, ma la felicità di scegliere totalmente.


E dico grazie a Benedetto XVI e al card. Sarah perché le loro parole hanno raccontato la mia gioia concreta e non una vaga, frustrata speranza.


Il link al post originale di Don Carlo:



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